A Salerno nasce il pomodoro intelligente

Galeotto è stato un telefono a rotella, uno di quelli diffusissimi tra gli anni ‘70 ’80. E il classico saluto all’italiana, ossia il “ciao”, che diventa marchio distintivo. Così quarant’anni fa un pomodoro nostrano inizia a fare letteralmente il giro del mondo. E quel ciao rivolto ad americani, africani, cinesi ne racconta il boom.

A viaggiare col pomodoro made in Italy c’è Lino Cutulo, 74enne nato a Nocera Inferiore, in tasca un diploma di ragioneria e un passato nel settore delle industrie conserviere. Lino con quel ciao decide di mettersi in proprio e di lasciare il segno. Nasce così la Compagnia Mercantile d’Oltremare: headquarter a Salerno, stabilimento a Mercato San Severino, ventiduemila anime sempre nel salernitano. Un’azienda che oggi registra 30 milioni di fatturato e una squadra con 38 collaboratori e 180 aggiuntivi nel lavoro stagionale. «Siamo nelle terre del pomodoro, noi lo lavoriamo in tutti i modi: pelato, cubettato, passata, macinato. Ci sono poi i piatti pronti a scaffale, le salse, la ristorazione e il mondo della pizza. Distribuiamo il nostro pomodoro per la quasi totalità in 90 Paesi del mondo. E da poco tempo stiamo entrando anche nel il mercato italiano», racconta Lino.

Tradizione, ma con competenza tecnologica. «Il macchinario più storico non ha oltre tre anni, questo per dare un’idea dell’evoluzione tecnologica costante. Per esempio abbiamo dei lettori ottici che sezionano il pomodoro. Così diventa intelligente. Ed è questa la chiave dell’industria 4.0», precisa Lino. La qualità è anche un approccio mentale. «Dobbiamo confrontarci con la competitività, con altri produttori internazionali. Spesso con la globalizzazione non si colgono le differenze qualitative. Ma abbiamo dalla nostra il sapore e l’odore del pomodoro migliore al mondo: cerchiamo di immagazzinare in una scatola la bontà, il sapore, la fragranza, la sicurezza alimentare. Abbiamo la necessità di lavorare il prodotto appena raccolto dai campi per finire nelle scatole il prima possibile».

Il processo produttivo è monitorato costantemente, anche grazie ad un’analisi predittiva: così uomo e macchina operano insieme per la selezione di semi o il controllo delle piantine da mettere a dimora. La differenza è proprio in quest’alleanza tra persone e tecnologie.

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Questo articolo a firma di Giampaolo Colletti è uscito su Metro il 2.10.2019


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